
Ho incontrato il Tango alcuni fa. Il tango argentino, intendo.
Da bambina amavo partecipare alle festicciole di paese. Mi ci portava nonna Margherita, donna vitale, innamorata della bellezza, del cibo e del ballo. Capitava che sotto il tendone, allestito per le danze della serata, tra un vals e una mazurca, comparisse una coppia di ballerini, lui e lei, in abiti sgargianti, paillettes e brillantini, trucco marcato e movenze sinuose ed elegantemente impostate. Il pubblico si faceva da parte, allargandosi a cerchio ai bordi della pista, per lasciare tutto lo spazio ai due bellissimi esemplari di essere umano, che davano il via ad una serie di danze, passando dal liscio romagnolo al caraibico più scatenato. Ad un certo punto, però, le luci bianche si affievolivano, sostituite da un rosso caldo e fumoso, il quale dava ad intendere agli astanti l’imminenza di un ballo più intenso e sensuale. E così i due si stringevano in un abbraccio più stretto, ma rispettoso, per cominciare un incastro di passi geometricamente studiato, ma misto di intuizione e profonda intesa.
Io, piccolo gnomo già assetato di magia e bellezza, mi beavo nel vederli. Seguivo i loro spostamenti, scrutavo i loro sguardi, ascoltavo i loro respiri in perfetta connessione. Ogni tanto volgevo lo sguardo a mia nonna. Il suo volto era rapito, i suoi occhi sgranati. Anch’ella anima in preda alle geometrie tracciate dai piedi e dai corpi dei due ballerini.
Ballo Tango argentino da qualche anno. Lo studio e provo a comprenderne i segreti. Sono un essere curioso, amo imparare sempre, ogni giorno, qualcosa di nuovo. Il tango è una scoperta continua. A volte sei connesso con l’altro, a volte no. E’ come nella vita. A volte non comprendiamo i messaggi degli altri, li fraintendiamo, e gli altri talvolta ci fraintendono. Il segreto è ascoltare e mettere da parte il proprio ego, per diventare qualcosa di nuovo insieme, un Tutto di Bellezza e Poesia. Il fatto è che troppo spesso siamo concentrati su noi stessi, ci preoccupiamo di organizzare la nostra esistenza, le giornate a venire, i passi ancora da compiere. Ci dimentichiamo di ascoltare, di sentire. Il Tango insegna a stare. Restare in attesa, sentire l’impulso, per realizzare il movimento, il più bello e completo possibile. Insieme.
Ho scritto Tango quattro anni fa. Di getto, come spesso mi capita. L’ho scritta durante una serata di Milonga, dove ballava una mia cara amica. La mia musa ispiratrice è stata lei. La osservavo muoversi sulla musica, guidata dal ballerino di turno. La sua leggerezza e la sua libertà di movimento mi hanno incantata. E così la mia natura di narratrice in musica si è fatta sentire suggerendomi questa canzone.
Il videoclip che ho immaginato e scritto di mio pugno è in stile retrò, un bianco e nero old style è la linea cromatica che lo caratterizza e tutti i protagonisti indossano abiti anni Trenta. Mi sono lasciata ispirare dal racconto che ho scritto, in via di pubblicazione, dal titolo Il volto. Ma di questo vi racconterò in un altro articolo.
Intanto, andate ad ascoltare Tango e a dare un’occhiata al videoclip.
A prestissimo!

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